La scala di Giacobbe

C. Di Fonzo – F. Zambon, Scala del divino amore, Introduzione e traduzione di Francesco Zambon. Commento e note complementari di Claudia Di Fonzo, Milano, Paoline, 2019, pp. 93-154. («Letture cristiane del secondo millennio» 61)

La Scala del divino amore è una gemma quasi sconosciuta della letteratura mistica occitana del medioevo. Composta tra la fine del XIII e i primi anni del XIV secolo nel Languedoc centro-occidentale da un autore sconosciuto che apparteneva all’ambiente degli Spirituali francescani, questo breve trattato è costruito sullo schema di una scala formata da cinque gradini che conduce al Palazzo d’Amore. I cinque gradini corrispondono ai cinque sensi, che percependo la soavità e la bellezza presenti in ogni creatura ci consentono di salire fino al Creatore, che le contiene al massimo grado: “Poiché Dio è la maggior dolcezza che possa essere immaginata e la più dolce soavità, il canto più piacevole, il più soave profumo e la più dilettevole bellezza che esistano – si legge – è necessario che ogni dolcezza, ogni soavità, ogni canto, ogni profumo e ogni bellezza che si trovano nelle creature siano in Dio”. Il trattato sviluppa così l’idea francescana della natura come un grande cantico di lode al Signore, intessendo immagini di grande intensità poetica come quella della creazione dell’universo paragonata a una “ballata” eseguita da Dio e alla quale fanno eco tutti gli esseri creati.

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Recensione del cardinal Gianfranco Ravasi, Tese le mani e lo toccò, pubblicato col titolo Benedire con il «tangere», su Il Sole24ORE, n. 310 (10/11/2019).

http://www.cultura.va/content/cultura/it/organico/cardinale-presidente/texts/ilsole24ore/tese.pdf